Tutto vince l’amore
Martin-Amato Nizigiyimana
Misi in comunione questa mia preoccupazione e
sperimentai una grande libertà interiore nel seguire Gesù.
Un giorno chiesi a Chiara una Parola della Scrittura
come programma di vita. Lei mi mandò questa:"Al di sopra di tutto
poi vi sia la carità, che è il vincolo della perfezione" (col
3, 14) e un nome nuovo: “Amato”. Questa Parola ha liberato in me la
gioia, prima imprigionata a causa della mia storia dolorosa.
Intanto attorno al focolare sorgeva un gruppo di
seminaristi impegnati a far circolare questa vita in tre seminari
interdiocesani nonostante la guerra.
Prima del diaconato il genocidio seminò la
disperazione in tutto il Paese: il mio sacerdozio sembrava servire a niente. Fu
un dolore intensissimo. Potevo solo gridare la preghiera di Gesù: “Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?”.
Mi ricordai di Chiara e delle sue prime compagne
durante la guerra e una voce dentro mi diceva: “Tu
devi vivere, tu devi vivere…”. Dovevo condividere quella prova con i
connazionali angosciati, soccorrere quelli che erano fuggiti in Burundi e dare
coraggio agli altri seminaristi.
Quando sono diventato diacono non c’era
nessuno della mia famiglia. Ricordai le parole di Gesù:
“Chi è mia madre, chi sono i miei fratelli?...”. Erano
presenti alcuni amici e nei loro occhi trovai la certezza che valeva la pena
dare questo passo. Mi prostrai chiedendo la grazia della fedeltà a Gesù crocifisso. La stessa cosa
l’anno dopo all’ordinazione sacerdotale: la mia famiglia erano le persone che vivono con me l’ideale dell’unità.
Rientrato in Ruanda, mi fu affidato l’incarico di
direttore della Caritas. Siamo andati nelle prigioni
aiutando tutti: i superstiti e i presunti carnefici, rispettando la sofferenza
di ognuno.